Brani estratti dal romanzo
“Il tempo che credevo di aver perso”
di Fabiola Gravina
DAL ROMANZO [ pag. 1]
È una calda giornata di maggio, i gelsomini sono in fiore e posso respirare l’odore dell’estate in arrivo. Sono passati quasi tre anni dal giorno in cui me ne sono andata, volata a New York con biglietto di sola andata.
«Ciao, Merlo Jack» dico sottovoce parlando a una gabbietta coperta da un panno scuro «vedrai che torno presto.»
Jack è il mio merlo indiano, la mia amica Isabel si prenderà cura di lui mentre sono via.
DAL ROMANZO [ pag. 13 ]
Mi accorgo solo ora che la minestra è finita, non saprei nemmeno dire che sapore avesse.
DAL ROMANZO [ pag. 17 ]
Anni fa in uno scatto di rabbia dissi a mia madre che avrei messo fiori di plastica sulla sua tomba, per evitare lo scomodo di cambiarli. Sono amareggiata per questa idiozia, non può averci creduto, me lo auguro con tutto il cuore. Noi figli diciamo spesso cose orribili ai genitori, per sfogare la rabbia che ci opprime e anche se in quei momenti vogliamo intenzionalmente ferirli, le nostre esternazioni non dovrebbero essere prese sul serio. Ho pregato in silenzio, davanti alla sua tomba. Se ogni giorno focalizzassimo il pensiero sulla sorte che ci aspetta, finire rinchiusi dentro una scatola di legno e infilati orizzontalmente in un buco di cemento, non riusciremmo più a vivere. E’ l’istinto di sopravvivenza che provvede a cancellare sistematicamente la morte dal nostro cervello.
DAL ROMANZO [pag.21]
Quando zia Bice rientra dalla spesa, è piuttosto agitata. Mi informa che stanotte qualcuno ha imbrattato il muro posteriore del palazzo con una bomboletta spray, la scritta dice: “Giulia ti amo”. Che cosa romantica, mi dico, nessuno ha mai fatto niente del genere per me.
DAL ROMANZO [ pag. 23 ]
«Come posso spiegarti quello che ho provato? Mi sono sentita oltraggiata, ecco come è stato. Hai presente quando hai una scarpa infangata? Devi pulirla perché altrimenti rischi di sporcare anche il vestito. Il fango va via facilmente, ma le scarpe da sposa sono troppo bianche perché non rimanga traccia. Non volevo sposarmi con le scarpe sporche di fango.»
DAL ROMANZO [ pag. 23 ]
D’un tratto mi disorienta, con una domanda al limite dell’assurdo.
E com’era il tuo vestito da sposa? Adesso puoi dirmelo.»
Bastarda che sei» le urlo ridendo.
Avevamo litigato fino alla morte su questa storia del vestito, perché lei voleva vederlo in anteprima. Sono la tua migliore amica, devi farmi vedere questo vestito, non posso aspettare fino al giorno fatidico, non sono mica lo sposo, solo se lo vede lo sposo porta male, questo mi diceva, come una cantilena. Ero stata irremovibile.
Niente da fare, lo vedrai quando sarà il momento.»
Per accontentarla ne avevo inventato uno lì per lì e lo avevo descritto minuziosamente, pregustandomi la sua faccia il giorno delle nozze. Le avevo fatto credere che era rosso. Quel dannato vestito lei non lo ha mai visto, nessuno lo ha mai visto a parte me e mia madre, non so nemmeno che fine abbia fatto.
DAL ROMANZO [pag. 30]
E’ davvero complicato stare qui a Perugia, la mia presenza altera gli equilibri che si sono ripristinati dopo la mia partenza, sono un’intrusa, non c’è posto per me in questa città. Penso all’aereo che mi porterà all’altro capo del mondo e al momento in cui sarò al sicuro, dentro la fusoliera. Quando saprò di avere l’immensità di un intero oceano tra me e la mia Perugia, solo allora potrò godere di sonni tranquilli.
DAL ROMANZO [pag. 31]
Sono di nuovo a New York City. Sono contenta di essere tornata nella città più caotica del mondo, dove posso facilmente mimetizzarmi in mezzo a otto milioni di abitanti, come l’insetto stecco o il pesce pietra, invisibili e fusi con l’ambiente circostante.
A Perugia non c’è palazzo uguale all’altro, ogni scalinata, ogni vicolo è unico, uguale solo a sé stesso.
DAL ROMANZO [pag. 35]
Di quei primi tempi a NYC ricordo il senso di smarrimento che provavo ogni volta che scendevo in strada, le vertigini che mi attanagliavano quando alzavo gli occhi verso le punte dei grattacieli che parevano cadermi addosso. Portavo sempre in tasca una piantina della città, unico conforto per sopperire all’evidente disorientamento.
DAL ROMANZO [pag. 36]
Compravo ombrelli a due dollari l’uno dagli ambulanti di strada e li dimenticavo sistematicamente dentro la metropolitana.
DAL ROMANZO [pag. 39]
Percorro la rampa che conduce al punto più basso del cratere di Ground Zero. E’ impressionante vedere una spianata così ampia nel bel mezzo di Manhattan, fa venire i brividi. Arrivo fin sotto le lapidi e comincio a visionare il lungo elenco. Sono le persone morte nell’attacco alle Torri. Da brivido anche la lunghezza della lista, duemilanovecentosettantaquattro nomi. Cerco una donna che abbia lo stesso nome di mia madre. La trovo.
DAL ROMANZO [pag. 65]
Sono in Via dell’Acquedotto, un angolo della mia città che amo immensamente, lo scorcio panoramico è davvero pittoresco. Nel viadotto c’è spazio appena sufficiente per passarci in due. Scaccio il ricordo di me e Paolo mentre percorriamo questi stessi metri mano nella mano, fermandoci ogni tanto per scambiarci un bacio.
DAL ROMANZO [pag. 73]
Per andare in centro ho due possibilità, risalire per via dei Priori o passare per Maestà delle Volte. Decido per la seconda opzione, la mia preferita. Questo tratto di strada è fantastico, una parte è sviluppata al coperto, grazie all’esistenza di volte murarie a sostegno delle case medievali.
DAL ROMANZO [pag. 85]
E così sono uscita con Geremia. E’ passato a prendermi davanti al Cinema Turreno, uno dei pochi punti in centro raggiungibili con l’auto, è stato bloccato da un contrattempo, mi ha avvisato nel pomeriggio con un sms, ma io sono in ritardi più di lui.
«Ciao, è molto che aspetti?»
«Non preoccuparti, nessun problema. Mi dispiace per lo spettacolo pomeridiano, ormai è perso, ma stasera c’è un tributo a Nat King Cole e per quello siamo in anticipo, facciamo in tempo anche a mangiare un boccone. Ti va il cambio di programma?»
“Direi grandioso.»
DAL ROMANZO [pag.94]
«Scusami per il ritardo» dico imbarazzata.
«Non ci faccio più caso» risponde ridendo.
«Senti, ho un’idea. Perché non arrivi anche tu in ritardo? Così non devi star lì impalato ad aspettarmi e io potrei per una volta provare l’ebbrezza della puntualità.»
«Non mi secca aspettare, davvero. I motivi della mia puntualità sono tre. Primo, non mi piace fare aspettare una donna. Secondo, non voglio essere in ritardo semmai tu dovessi arrivare puntuale. Terzo, se comincio ad arrivare in ritardo pure io, ti sentiresti autorizzata ad arrivare ancora più in ritardo, ed entreremmo in un circolo vizioso.»
DAL ROMANZO [ pag. 111 ]
Mi sono offerta di preparare i pancakes americani, Jeremy ha portato lo sciroppo d’acero. Ha fatto il giro di tre supermercati prima di riuscire a trovarlo.
DAL ROMANZO [pag. 112]
Quando nella credenza si accumulavano sacchetti avviati di vari formati di pasta, ad un certo punto ce li propinava in un mix assurdo. Era attentissima alla cottura, quindi buttava in acqua i vari formati rispettando i minuti di cottura. Solo gli spaghetti non partecipavano alla festa, sarebbe stata una faccenda troppo sporca. Con mio padre facevamo grandi risate senza farci scoprire, ci accorgevamo perfino di quando la pasta era dello stesso formato ma di marca diversa.
DAL ROMANZO [pag. 147]
Se la parrucchiera non ti conosce, non fa domande. Brillante considerazione. Quando è il mio turno, dico semplicemente me li tagli tutti. Ho deciso e non tornerò indietro. Chiudo gli occhi quando Esther trancia di netto la mia lunga treccia con un forbicione.
[…]Al momento di pagare, mi domanda cosa intendo fare della mia treccia morta. Dice proprio così, morta.
«Alcune clienti la tengono per ricordo» dice per giustificare l’affermazione.
«Va bene, la porto via con me» rispondo anche se poco convinta.
DAL ROMANZO [pag. 173]
Non credo nemmeno di avere stomaco per sopportare persone quali il Duncan, che si presenta ogni volta con un costume da bagno diverso, in tinta con la ciabattina infradito e il telo spiaggia di ciniglia.
DAL ROMANZO [pag. 173]
Una volta alla mia amica Meg – che mi invitava al consueto party domenicale a bordo piscina – ho detto che ero occupata, e alla domanda “Con chi?”, non sapendo trovare su due piedi una scusa plausibile, ho risposto “Con Fëdor”, intendendo Dostoewskij.
“Lei ha ribattuto: “Che nome strano il tuo amico, dovresti presentarmelo. La prossima volta porta pure lui”.
DAL ROMANZO [pag. 189]
Seduta in una delle tante panchine del Central Park tengo in mano un libro, ma stavolta è chiuso. Mi lascio incantare dalle mille sfumature di rosso, marrone, arancio, giallo, i colori che le foglie assumono in questo periodo. Ne raccolgo una che mi rotola tra i piedi, sembra colorata a mano, la infilo nel libro, da usare come segno.
DAL ROMANZO [pag. 193]
Mi mancava mia madre, Paolo, i miei amici, le serate passate a giocare a briscola e tressette da Sergio, mio padre e i suoi regali, mia nonna che tritava le mandorle per i dolci di Natale, vivi o morti erano tutti sullo stesso piano, immensamente lontani e irraggiungibili.
DAL ROMANZO [pag. 199]
Atterriamo in modo piuttosto brusco. C’è Jeremy ad attendermi nel piccolo aeroporto, lo individuo subito mentre scendo dalla scaletta del velivolo, è appoggiato alla rete di recinzione. L’aeroporto di S. Egidio è talmente piccolo che appena tocchi terra ti senti a casa. Dopo aver percorso a piedi un centinaio di metri sulla pista, arrivo dentro un edificio grigio. Poche le stanze da attraversare, un controllo documenti veloce quanto un pit stop di formula uno ed eccomi tra le sue braccia.
DAL ROMANZO [pag. 213]
Nel camino c’è una bella fiamma. Ci accomodiamo davanti al fuoco, i posti sono gli stessi della sera precedente.
«Dove eravamo arrivati?» chiede Umberto.
«Veramente per prima cosa vorrei sapere chi ha cucinato. Non dirmi che hai fatto tu la parmigiana» dice Giulia.
DAL ROMANZO [pag. 218]
Ci mettiamo a tavola, continuando a parlare animatamente. C’è un’altra domanda che mi gira in testa, piuttosto frivola, una curiosità tutta femminile. Non vorrei che si rivelasse una tremenda gaffe. Alla fine rompo ogni indugio.
«Senti Umberto ma l’anello col brillante, glielo avevi regalato tu? »