PAUL AUSTER
Invisibile (‘Invisible’, 2009)
E’ il penultimo romanzo della considerevole produzione dello scrittore americano, antecedente solo a Sunset Park (2010) libro che mi è piaciuto moltissimo.
Pochi a mio parere gli scrittori che sanno incuriosirti fin dalle primissime righe e Auster è senz’altro uno di questi.
‘Invisibile’ sa quasi di metaromanzo, dove ciò che conta è l’atto stesso del raccontare: ci sono così tante storie dentro, una quantità enorme di informazioni che basterebbero per diversi romanzi.
Il libro inizia in prima persona, Adam Walker racconta un episodio fondamentale della sua vita di studente, ovvero l’incontro nel 1967 con un carismatico intellettuale e la sua seducente compagna Margot.
Nella seconda parte scopriamo di essere nei tempi moderni e che abbiamo appena letto un manoscritto (dal titolo ‘Primavera’) che Walker stesso, ormai sessantenne e malato terminale di leucemia, ha inviato per posta a Jim, suo amico di gioventù e famoso scrittore. Tra le righe della breve mail, Adam specifica che ‘non è un un’opera di fantasia’ e sta continuando a scrivere il seguito delle sue memorie. Gli altri due capitoli della storia autobiografica che leggeremo, sempre dalle mani di Jim, sono catalogati ancora come stagioni ma mutano di registro, ‘Estate’ è in seconda persona, ‘Autunno’ in terza.
La storia narrata è appassionante, zeppa di amori infelici, di vicende torbide, di rimpianti e sensi di colpa. L’intreccio è intelligente e raffinato, gli scenari delle storie sono New York e Parigi. Auster stacca gli episodi autobiografici di Walker proponendoci una breve corrispondenza tra i due, Adam in cerca di suggerimenti tecnici sulla scrittura e Jim smanioso di proseguire la lettura del manoscritto.
Fin qui tutto regolare, poi all’improvviso accade qualcosa che sconvolge il filo della narrazione (ma che non vi posso svelare), e Jim spinto dalle tante domande che chiedono risposte, ricontatta un’amica di gioventù di Adam. Sarà il diario personale di Cécile, generosamente offerto a Jim, a fungere da anello mancante (quell’ ‘Inverno’ mai scritto) e a chiudere l’intera vicenda.
Confesso di essere rimasta perplessa dalla quarta parte del romanzo e dal suo finale che manda in pezzi il puzzle sapientemente montato. Ogni passaggio della storia viene ripresa e intrisa di dubbio. Avrei preferito uno snodo narrativo che desse compiutezza all’oscura faccenda, o forse il senso del romanzo sta proprio qui, nel non poter stabilire una verita’ assoluta?
Se dovessi definire il libro con un solo aggettivo, sceglierei ‘ambiguo’, perché non saprei nemmeno dire a chi o che cosa è rivolto l’invisibile che dà il titolo al romanzo: all’amore? Al fratello morto evocato di continuo? (anche in ‘sunset park’ c’è un fratello morto in giovane età, ndr) Al senso di giustizia? Alle memorie del passato? Alla verità? O piuttosto alla menzogna? Chi è colpevole e chi innocente? Le domande rimangono senza soluzione. Ogni lettore dovrà farsi la propria idea su ciò che è realmente accaduto o quanto meno scegliere il narratore cui dare fiducia.
Dal punto di vista tecnico, la grande abilità di Auster è quella di saper coniugare i diversi io narranti passando dall’uno all’altro con leggerezza ed eleganza, costruendo una struttura singolare a tratti geniale. I virtuosismi stilistici con cui Auster gioca, lasciano a bocca aperta, non credo di aver mai letto niente in seconda persona: tu hai vent’anni … vivi in un trilocale … tu e tua sorella siete sempre stati legati… prima dell’assunzione ti fanno un esame, e così via.
La prosa è fresca e fluida che si fa leggere anche troppo in fretta, mentre alcuni passi meriterebbero di essere gustati a piccoli sorsi. Un romanzo di qualità straordinaria e molto efficace sul piano dell’intrattenimento da tenere costantemente alta la curiosità del lettore. Termino con un consiglio spassionato: chi è in cerca di un romanzo dalla trama regolare con un inizio ed una fine canonici, lasci perdere questo romanzo di Paul Auster.