PAUL AUSTER
Leviatano (titolo originale “Leviathan” – 1992)
È il settimo romanzo dello scrittore statunitense e rispetta tutte le caratteristiche della sua narrativa: un miscuglio di personaggi paradossali dentro storie urbane dominate dal caso.
Vediamo la trama: lo scrittore Peter Aaron ricostruisce la vita di Ben Sachs, suo migliore amico sparito nel nulla e ritrovato morto suicida. La vicenda di Sachs viene narrata attraverso l’intreccio di altre storie e altre vite che si intersecano in una successione di eventi che porteranno Sachs alla tragica decisione. Il tutto in totale balìa del caso.
Confesso che il romanzo non mi ha convinto del tutto. Nelle storie di Auster c’è sempre qualcosa di paradossale ma qui l’intreccio raggiunge un grado di assurdità poco credibile.
Comunque sia, due cose mi sono piaciute.
La prima è il modo in cui è stata narrata la storia: il narratore-scrittore ricostruisce le vicende sulla base degli elementi in suo possesso, telefonate, avvistamenti, incontri con amici comuni. Suppone quindi di sapere cosa sia successo al suo amico ma ci rimane il dubbio che le cose possano essere andate diversamente.
La seconda è la caratterizzazione del personaggio di Maria Turner, fotografa compulsiva che si cimenta in progetti fotografici strabilianti, ad esempio pedinando degli sconosciuti e scattando centinaia di foto sui loro gesti e azioni, oppure assumere un detective per farsi pedinare e fotografare a sua insaputa e vedere la sua vista dall’esterno. Ho scoperto che questo personaggio è ispirato alla figura reale di Sophie Calle, fotografa francese tuttora vivente che ha speso la sua vita a osservare le persone servendosi dell’obiettivo.
Anche se in parte ha deluso le mie aspettative, Paul Auster si fa leggere bene, il suo stile, pulito ed elegante compensa la trama zoppicante.