PHILIP ROTH
“Everyman” (titolo originale: Everyman, 2006)
La copertina ‘total black’ vestita a lutto fa presagire il contenuto serioso delle pagine. In seconda di copertina c’è il trafiletto che spiega il titolo: “Everyman”, anonima rappresentazione allegorica inglese del XV secolo che ha per tema la chiamata di tutti i viventi alla morte. Ecco la premessa.
E poi c’è il fatto personale e cioè la mia inclinazione verso i libri che parlano di morte, ma non i polizieschi o i thriller, quanto le storie in cui trapela la normalità della morte, destino ultimo di ogni esser vivente. Dopo aver letto una bella recensione del romanzo, ho deciso subito di acquistarlo.
Un libro scomodo e coraggioso, che Roth ha scritto all’età di 73 anni, quanti ne ha il protagonista, un pubblicitario di successo che deve fare i conti con il decadimento fisico e una vecchiaia non serena, funestata da acciacchi e tormenti fisici.
Per le prime 60 pagine (circa metà libro) ho provato un vero sconcerto e non ho smesso di domandarmi ad ogni riga il motivo per cui uno scrittore possa decidere di scrivere un libro così deprimente, a tratti umiliante, perché è chiaro che Roth sta raccontando molto di sè, senza veli e senza reticenze. Poi lentamente sono entrata nella sua testa e ho apprezzato la sua onestà, la sincerità, la coerenza.
“Perché la più inquietante intensità della vita è la morte. Perché la morte è così ingiusta. Perché quando uno ha gustato il sapore della vita, la morte non sembra neppure una cosa naturale. Io credevo, dentro di me ne ero certo, che la vita durasse in eterno.”
Non c’è alcuna morale nel romanzo, Roth ci presenta i fatti chiari e indiscutibili: il corpo che ci tradisce, il corpo che non risponde e mortifica la mente che si ritiene ancora giovane. E quando la fine si avvicina, la vedi, puoi toccarla e devi pure sostenere il peso della terribile resa dei conti: si raccoglie ciò che si è seminato.
Un romanzo breve e coinvolgente dal ritmo giusto, una storia universale coerente fino alla fine, scritta con bravura e rinomata abilità, che non cade mai nel patetico. Non so quanti scrittori sarebbero in grado di trattare un tema delicato come la morte, mettendo insieme crudezza e straripante umanità. Alcune parti sono commoventi, splendida la chiusura. Probabilmente non è un libro da regalare ad un anziano o a una persona sofferente, ma è un romanzo che ti scava l’anima. Lo consiglio, mi è piaciuto moltissimo.