La vendetta, meschina ma affascinante

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La vendetta, meschina ma affascinante.

La vendetta, nelle sue molteplici declinazioni, è un sentimento meschino eppure affascinante, che appartiene da sempre all’umanità e, di riflesso, anche nella letteratura. Cito testualmente da vocabolario: “Vendetta, sostantivo singolare maschile. Arrecare danno materiale o morale a persone per pareggiare un oltraggio subìto, un danno percepito al proprio benessere.”

La vendetta può considerarsi una forma primordiale di giustizia, tipo occhio per occhio dente per dente, un’azione ritenuta necessaria da chi intende vendicarsi personalmente per ripristinare il proprio senso di giustizia, come se la punizione applicata dall’autorità preposta non fosse sufficiente a placare il rancore o la ferita.

Il tempo guarisce tutti i mali ma non la sete di vendetta, tanto che qui va tutto al contrario: più ne passa e più il desiderio aumenta. Ci si vendica di una viltà commettendone un’altra, ma è innegabile la soddisfazione del momento in cui si mette in pratica l’atto vendicativo, perché la vendetta è pura ossessione, è impulso quasi insostenibile, l’unico modo per riacquistare benessere psicologico. Strano a dirsi, è anche un sentimento che provoca empatia, alzi la mano chi leggendo un libro o guardando un film, non abbia almeno una volta parteggiato per il vendicatore diabolico e assassino… ok basta così, giù le mani.

Di solito la vendetta è un’azione studiata, premeditata, ci vuole calma e sangue freddo per studiare tattiche e strategie, tanta pazienza per attendere il momento opportuno, ma si può anche agire d’istinto approfittando di un momento propizio.

La vastità di opere su questo tema è praticamente sconfinata, a rimarcare quanto sia forte questo sentimento e quanto siano varie le situazioni scatenanti. La vendetta può essere messa in atto con la penna o con il pugnale, e, da che mondo è mondo, ha nutrito l’arte e la letteratura. E il fatto che tutte le più famose storie di vendetta abbiano trovato un posto sul grande schermo, la dice lunga sull’impatto emotivo e sul gradimento che queste cruente storie hanno sul grande pubblico. Vi propongo qualche titolo, cercando tra classici e moderni.

 Dumas – Il conte di Montecristo

È il romanzo universalmente riconosciuto a simbolo della vendetta, il suo protagonista, Edmond Dantès eletto a sua personificazione. Dantès è tradito, incastrato e gettato in prigione da nemici e falsi amici, privato della sua giovinezza, della sua carriera, delle nozze imminenti con la donna che ama.  Sconterà la sua pena nel Castello d’If, dove sono rinchiusi i detenuti politici più pericolosi. Nella prigione conosce l’abate Faria, inquilino della cella adiacente con meno speranze di sopravvivenza, gli parla di un tesoro nascosto sull’isola di Montecristo, Dantès cova il sogno e fa bene. Evade dopo quattordici anni di reclusione e dà inizio al suo viaggio di vendetta, che a dir suo è un legittimo viaggio di giustizia. Per i suoi nemici non ci sarà scampo: Edmond Dantès non ha fretta, solo una lunga lista, su cui spuntare i nomi uno ad uno. La sua vendetta sarà crudele ma raffinata. Romanzo luuuuunghissimo, più di mille pagine di goduria, cumbia della noia qui non pervenuta.

Vincenzo Cerami – Un borghese piccolo piccolo

Io però quando penso al farsi giustizia con le proprie mani, ho negli occhi l’impiegato ministeriale Giovanni Vivaldi, protagonista di questo romanzo spietato ma spaventosamente umano. Giovanni e Amalia hanno un unico figlio, l’adorato Mario, e un unico problema, trovare un posto di lavoro al giovane, neo diplomato ragioniere. Il gioco è presto fatto, Giovanni è in odore di pensionamento, Mario prenderà il suo posto. Sembra tutto così facile quando un giorno padre e figlio sono coinvolti accidentalmente in una sparatoria e Mario resta ucciso. Il dolore è insopportabile. Giovanni viene convocato in Questura ogni settimana per l’identificazione dei probabili rapinatori e quando finalmente lo riconosce, nulla trapela dal suo sguardo. È uno di quei casi in cui la condanna giudiziaria non sarà mai bastevole per il torto subito e Giovanni vuole averlo per sé, per fare giustizia a modo suo, a riparazione della morte di Mario. La vendetta sarà terribile. Lo consiglio, anche a chi ricorda la splendida trasposizione cinematografica di Mario Monicelli, con Alberto Sordi nei panni di Giovanni Vivaldi.

Thomas Savage – Il potere del cane

Di ambientazione western, precisamente nel Montana, il romanzo racconta la torbida vicenda familiare dei fratelli Burbank, proprietari di un grande ranch. Phil e George condividono tutto da quarant’anni, casa, lavoro e anche la stessa camera da letto, fin quando George decide di sposare la vedova Rose e portarla al ranch, insieme al figlio adolescente di lei. Gli equilibri sono rotti, per Phil è alto tradimento, non resta che passare al contrattacco e mettere in atto una serie di crudeli ritorsioni, per compiere la vendetta. Il romanzo è un po’ lento ma sottile, occorre essere pazienti come la goccia che scava la roccia per seguire le solitudini, le ferite interiori, le pulsioni e le invidie che tramano nell’ombra, e costituiscono lo scenario perfetto per una tragedia annunciata. Mi è piaciuto molto, lo consiglio.

 

Sándor Márai – Le braci

Anche in questo romanzo possiamo parlare di vendetta, ma il piatto è talmente freddo che non ha più alcun gusto.  Márai racconta la vicenda di una donna contesa tra due grandi amici, Henrik e Konrad. Krisztina alla fine sceglie Henrik. I tre rimangono amici fino al fatidico momento della verità; in una battuta di caccia Henrik intuisce che Konrad e Krisztina sono amanti. Konrad fugge, Krisztina non dà spiegazioni e tra l’altro nessuno gliele chiede, resta con Henrik ma il loro rapporto è compromesso in maniera definitiva. Tutto si ferma e rimane sospeso, fino all’appuntamento per la resa dei conti, che avviene (udite, udite) quarantuno anni dopo. I due eleganti signori, ormai avvizziti, s’incontrano per il chiarimento davanti a un camino acceso, ma della legna sono rimaste solo le braci. Romanzo splendido che consiglio a chi, come me, ama l’introspezione psicologica e le elucubrazioni cerebrali.

 

Stephen King – Misery non deve morire

Questo famosissimo titolo l’ho inserito per l’originale motivo della ritorsione, che potremmo definire “letteraria”. Un vero capolavoro claustrofobico, perché se togliamo le scene iniziali, il romanzo è ambientato in un’unica stanza e costruito intorno a due soli personaggi: Paul Sheldon e la sua aguzzina. Sheldon è un affermato scrittore che ha appena finito di scrivere il suo ultimo romanzo. Quando lascia l’hotel del per far ritorno a casa, viene sorpreso da una tormenta di neve, sbanda e va fuori strada. La sua fortuna si chiama Annie, una robusta signora che lo salva da assideramento certo e lo porta a casa con sé. Paul si risveglia in un caldo letto, ingessato e accudito amorosamente dall’infermiera Annie, che, guarda tu il caso, è una sua appassionata lettrice. La sua sfortuna è il manoscritto pronto, che in uno slancio di generosità, come a sdebitarsi, offre ad Annie, perché sia la prima a poter leggere l’ultima avventura della sua eroina Misery. Annie non sta nella pelle, divora il manoscritto in pochissimo tempo, ma quando arriva all’ultima pagina, il suo dissenso esplode come una furia: Misery, non deve morire. Il romanzo vira al nero e al rosso, si trasforma in un horror, come King ci ha abituato. Gli scrittori, si sa, sono gente permalosa, mai dir loro di cambiare una sola virgola di quanto hanno scritto, ma Annie ha modi convincenti per persuadere Paul a modificare il finale del suo romanzo. Anche qui trasposizione cinematografica strepitosa con tanto di Oscar.

Emily Bronte – Cime Tempestose

Questo titolo lo abbiamo già trattato per i “Romanzi figli unici”, ma è d’obbligo citarlo quando si parla di vendetta, in questo caso a tema sentimentale. Heathcliff è un trovatello, uno zingaro vagabondo che il ricco signor Earnshaw decide di adottare per salvarlo da una vita di stenti. Fa subito amicizia con Catherine Earnshaw, anzi di più, se ne innamora. Prova invece un odio viscerale per Hindley, l’altro figlio del signor Earnshaw, che lo tratta da servo piuttosto che da fratellastro. Catherine si fidanza con Edgar, un giovane di pari estrazione sociale, anche se ama disperatamente Heathcliff di un amore impossibile, date le umili origini di lui. Heathcliff scappa, per poi ricomparire anni dopo per la resa dei conti e cominciare la sua vendetta “alla Dantès”. Chi ha visto il film conosce solo metà della storia: la sete di vendetta di Heathcliff è inestinguibile, e si protrarrà fino alla seconda generazione, perché come ben dice il proverbio “le colpe dei genitori ricadono sui figli”. Romanzo magnifico, che consiglio a chi intende avvicinarsi ai classici senza tempo.

Paolo Maurensig – La variante di Luneburg

In questo romanzo la vendetta è sottile, affilata, per un passato sempre vivo che si tramanda. Due giovani maestri di scacchi s’incontrano diverse volte nel circuito dei tornei. Uno dei due campioni è ebreo, il suo successo troncato dall’ascesa del nazismo. Tabori viene deportato e internato in un campo di concentramento ed è qui che un giorno viene convocato da un alto ufficiale del campo, che è proprio il suo rivale al tempo dei tornei. L’ufficiale non ha nessuno al proprio livello di gioco e gli impone di tornare ad essere il suo avversario alla scacchiera. Più non vi dico, ma provate a immaginare Tabori che gioca una partita a scacchi con chi, nel campo, ha pieno potere di vita e di morte. Bellissimo, da leggere se non l’avete ancora fatto.

 

Irene Némirovsky – Il ballo

Ho inserito questo titolo a dimostrazione di come la vendetta sia un sentimento istintivo che accomuna grandi e piccini. In questo racconto lungo, Irene Némirovsky mette in scena una piccola vendetta adolescenziale che Antoinette escogita nei confronti della madre. Il loro rapporto è conflittuale, e si consuma tra screzi e recriminazioni. I Kampf vivono in un lussuoso appartamento di Parigi, ma non è sempre stato così, il padre ha lavorato sodo per accumulare la fortuna. E quando Rosine decide di organizzare un ballo nella nuova casa e invitare la “gente che conta”, non bada a spese, ordina cibi raffinati, champagne e un’orchestra per allietare la serata. Quando Antoinette scopre di non essere tra gli invitati perché la madre non ha alcuna intenzione di farla partecipare al ballo, non le resta che perpetrare la sua piccola vendetta, ricambiare l’affronto con pari moneta.

La carrellata è terminata, adesso potete arrovellarvi sull’interrogativo che sorge spontaneo: fin dove è lecito spingersi, per fare rivalsa su chi ci ha fatto soffrire? O magari potete concentrarvi sull’opposto fronte, e cioè se veramente sia il perdono la forma più alta di vendetta. Ricordiamoci anche di quella cosa che si chiama destino, ha tempi lunghi e vie misteriose, ma spesso finisce per colpire i malvagi. Come recita il proverbio cinese: “Siediti sulla riva del fiume e aspetta, vedrai passare il cadavere del tuo nemico”.

Buona lettura e alla prossima

Fabiola

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