Magda Zsabò La porta
Titolo originale: Az ajtó, 1987
Genere: introspezione psicologica
Einaudi Editore (252 p.)
Questa scrittrice ungherese di cui ignoravo completamente l’esistenza è stata per me una grande scoperta. Mi sono innamorata di questo libro prima ancora di averlo tra le mani, leggendo una recensione trovata in rete. Sarà perché ha come protagonista una scrittrice o semplicemente perché i ruoli principali sono affidati a due donne, Magda ed Emerenc per l’esattezza.
Magda è la scrittrice e vive con il marito anche lui scrittore in un piccolo paese dell’Ungheria. Hanno necessità di un aiuto domestico, per poter dedicare il loro tempo esclusivamente al lavoro.
Ecco dunque entrare in scena Emerenc, una portinaia conosciuta da tutti in paese per la sua fermezza di carattere, per il suo metro di giudizio ferreo e anche per le sue stravaganze: prima di accettare il servizio afferma di voler valutare le referenze dei suoi eventuali padroni. Rovescia completamente le parti, è lei a scegliere se restare, è lei a fissare il compenso che calcola in base alle esigenze dei datori di lavoro e dal loro grado di sciatteria.
Il rapporto tra la scrittrice e la sua domestica è inizialmente difficile e faticoso, le due donne sono diffidenti e sospettose, ignare di quanto la relazione le coinvolgerà fin quasi alla reciproca dipendenza. Questi dettagli li sappiamo tutti fin dall’inizio, in quanto i fatti sono già accaduti, è Magda a raccontarceli in un lungo flashback.
La figura di Emerenc è poderosa e riempie ogni pagina del libro, una donna tutta d’un pezzo, senza lacrime né sorriso, che governa la sua vita e quella degli altri con una dedizione totale, una volta riusciti ad entrare sotto la sua ala protettiva.
La fastidiosa arroganza che proviamo per Emerenc diventa via via ammirazione quando apprendiamo i trascorsi del suo tragico passato nell’Ungheria postbellica, mentre lo spessore intellettuale della scrittrice si assottiglia a più non posso e i suoi raffinati cavilli mentali crollano miseramente di fronte alle lezioni morali impartite con severità dall’umile serva.
Un cane trovatello e una porta chiusa che sigilla un segreto sono i due elementi che incorniciano questo straordinario rapporto affettivo basato su un bene incondizionato e quindi violento, impetuoso, travolgente, perché come dice Emerenc “una passione non si può esprimere pacatamente”.
La Zsabò è una scrittrice dal talento indiscutibile, dotata di una singolare capacità di analizzare i sentimenti e capace di una prosa sublime. Il finale magistrale e quasi surreale rende il romanzo indimenticabile e consegna alla memoria del lettore le due figure potentemente tratteggiate insieme alla consapevolezza di aver appreso una grande lezione di vita. Consigliatissimo.