Mann: La Montagna incantata

THOMAS MANN
La montagna incantata (titolo originale “Der Zauberberg”, 1924 )

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Il capolavoro di Mann è un’opera monumentale e ammetto di non essere in grado di scrivere qualcosa che somigli a una recensione. D’altro canto è un romanzo che mi ha talmente appassionato che mi sento in obbligo di condividere le emozioni che la sua lettura mi ha dato e invogliarvi a leggerlo.

Intanto la trama: un giovane ingegnere fresco di laurea a nome Hans Castorp parte da Amburgo per recarsi a per far visita al cugino Joachim – malato di  tubercolosi – ricoverato nel lussuoso sanatorio Berghof sulle Alpi svizzere.

Le tre settimane  stabilite si allungano quando, a causa di un brutto raffreddore, Castorp si sottopone a una visita di controllo e gli viene diagnosticata una ‘zona molle’ nei polmoni che esige un periodo di cura.

All’inizio Castorp è infastidito alla notizia perché ha un lavoro che lo aspetta “giù al piano” e non intende dividere le sue giornate con un manipolo di malati cronici segnati da un destino comune, che passano il loro tempo a parlare delle di malattie, a misurarsi la temperatura, ingozzarsi con lauti pasti e giacere nelle comode sedie a sdraio fino al momento fatale, in cui verranno portati via cadaveri all’alba e in sordina, per non turbare i facoltosi ospiti del Sanatorio.

Con il passare dei giorni, Castorp comincia ad acclimatarsi e godere della vita di montagna, a subire il fascino della malattia e della morte e l’incanto della montagna fino a rimanervi intrappolato.  La stessa cosa succede al lettore che si appassiona al microcosmo del Sanatorio, ai suoi ospiti, alle sue regole e al battito del tempo che scorre secondo un ritmo tutto particolare.

Gli ospiti del Sanatorio sono tratteggiati in modo minuzioso, così come le impressioni e le meditazioni del protagonista.  Meravigliose le descrizioni della montagna e dei paesaggi che ci diventano familiari come  li avessimo visitati. Le passeggiate di Castorp in compagnia dei due intellettuali di opposto pensiero – Settembrini razionale e progressista, Naphta il gesuita pessimista –  danno modo allo scrittore di toccare tutti i grandi temi esistenziali: la vita, la malattia, la morte, la religione, l’esistenza di Dio.

Il campo d’indagine è vastissimo, dalla medicina alle scienze, dalla filosofia alla storia, alla politica. Confesso che alcune dissertazioni sono quasi inaccessibili (mi sono sentita un’emerita ignorante) e immagino serva una preparazione specifica per riuscire a comprendere tutti i rimandi culturali, ma è pur vero che l’eleganza e la fluidità della prosa permettono di passar leggeri sulle pagine ostiche.

Ho invidiato le ore passate da Castorp in posizione orizzontale (come prescrive la rigida la cura) avvolto nelle coperte di cammello, con la mente libera di spaziare in attività contemplative e ripensare le interessanti conversazioni fatte con i due pensatori.

Alcune disquisizioni sono davvero straordinarie, le mie preferite sono quelle sullo scorrere del tempo e sul senso dell’infinito, oltre al capitolo “Neve” di potente suggestione che consiglio a tutti gli appassionati sciatori (a mio parere lo si può leggere come racconto autonomo).

La Montagna Incantata è senza dubbio un romanzo di formazione, perché Castorp seguirà un cammino di vera crescita verso all’età adulta, estraniandosi dalla società concreta e passando attraverso le esperienze di malattia, solitudine, amore, dolore del corpo e dell’anima. I personaggi singolari incontrati, saranno per lui mentori, maestri, guide spirituali e cibo per la sua giovane anima, in una quantità che mai avrebbe potuto assaporare in condizioni di vita normale.

Lo stile del romanzo è lento, ma se ci si lascia trasportare, diventa suggestivo, quasi ipnotico.  Mi è piaciuto così tanto che lo annovero tra i classici irrinunciabili e credo proprio lo leggerò di nuovo, magari a distanza di qualche anno, come suggerisce lo stesso Mann nel bel saggio in postfazione.

« Che devo dire ora del libro stesso e del modo in cui lo si dovrebbe leggere? Comincio con una richiesta molto arrogante: che lo si deve, cioè, leggere due volte. Questa richiesta va beninteso ritirata subito, qualora la prima volta il lettore sia annoiato. […] a chi invece è arrivato in fondo alla Montagna Incantata, do il consiglio di leggerla una seconda volta, perché la sua particolare fattura, il suo tipo di composizione fa sì che la seconda volta il piacere del lettore sarà maggiore e più profondo … come d’altronde anche la musica bisogna conoscerla già per goderla appieno.»

THOMAS MANN – Lezione per gli studenti di Princeton 1939

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