Elias Canetti: Auto da fè

Elias Canetti, Auto da fé

Titolo originale: Die Blendung, 1935
Genere: romanzo surreale
Adelphi Editore (531 p.)

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Chi mi segue su Instagram, conosce la mia smodata passione per i Classici e la bella letteratura. Oggi voglio consigliarvi un romanzo incredibile, dalla trama geniale e dissennata, l’autore è Elias Canetti, premio Nobel per letteratura 1981. Canetti è uno scrittore straordinario, di nascita bulgara, poi naturalizzato britannico ma che ha scritto tutte le sue opere in lingua tedesca. Auto da fé (1935) è il suo primo e unico romanzo, tutti i suoi scritti sono infatti saggi o autobiografie. Aveva soltanto 25 anni quando finì di scriverlo e già questo a mio parere è degno di nota, sia per la mole del romanzo che per le caratteristiche di letteratura grottesca e surreale.

Il romanzo si basa su un circo di personaggi grotteschi che girano intorno al professor Kien, un grande studioso che vive solo per i libri, ma al di fuori della sua magnifica biblioteca è un inetto che tutti possono imbrogliare. La governante Therese, dalla gonna blu inamidata, ottusa e gretta, ha un vocabolario di cinquanta parole, dice continuamente «Ma mi scusi» e mira solo ai soldi del Professore. Poi c’è il nano scacchista Fischerle, pure gobbo,  che vive di espedienti e di raggiri, il cui sogno è diventare campione del mondo di scacchi e andarsene in America;  Benedikt, viscido uomo-bestia, è il portiere ‘lanzichenecco’ del palazzo in cui vive Kien, violento e aguzzino nei confronti di moglie e figlia; Georg Kien è il fratello psichiatra del professore, probabilmente è  l’unico assennato, sebbene lavori in un manicomio e sia pieno di ossessioni.

Questo è quanto, e il risultato è un grandioso circo della piccineria e della bestialità umana. Nelle 500 e più pagine, seguiamo i personaggi nella loro goffaggine in uno strambo intreccio di vicende. La storia si gioca tutta su equivoci ed incomprensioni e anche quando i fatti sono sotto gli occhi di tutti, le percezioni errate dei singoli diventano improvvisamente realistiche e ognuno vive una vita immaginaria in un mondo inventato in cui l’altro è nemico, e costituisce un impedimento alla realizzazione dei propri progetti sconclusionati.

Capita spesso di perdersi tra le righe per non saper distinguere tra realtà e fantasia, il mondo è visto come un folle palcoscenico, con attori pazzi che danno vita ad un deprimente spaccato di mondo senza relazioni dove l’incomunicabilità soverchia tutti. Ho ammirato i titoli delle tre parti in cui il libro è suddiviso, sentite cosa si è inventato Canetti: Una Testa Senza Mondo, Un Mondo Senza Testa, Il Mondo Nella Testa.

Lo stile narrativo è sopraffino, Canetti dimostra già padronanza del linguaggio, la tecnica è sicura e impeccabile con ricchezza di monologhi interiori. Una prova letteraria definita  dai critici surrealista, dalla trama  geniale e visionaria: immaginate il professor Kien che, sfrattato dalla sua preziosa casa stipata di libri,  ogni sera nella camera d’albergo si toglie dalla testa la sua biblioteca immaginaria, citando tutti i titoli che sa a memoria,  con la mossa di depositare i libri sul pavimento in maniera accurata,  per non sgualcire i volumi,   oppure il nano Fischerle, che gioca a scacchi sotto il letto mentre la moglie, che fa il ‘mestiere’, intrattiene abilmente i clienti, o ancora il portiere psicopatico che tiene la figlia sotto chiave  e passa il tempo a guardare la gente in strada, inginocchiato davanti ad uno spioncino creato nel portone della guardiola a 50 cm di altezza: ovviamente conosce pantaloni e scarpe di tutti gli inquilini del palazzo. Il finale poi, sconfina nel delirio. Spero di essere riuscita ad incuriosirvi anche questa volta.

Consiglio questa opera farneticante a tutti quelli che sanno trarre godimento da un’opera impegnativa e desiderano leggere qualcosa di veramente originale. E poi fidatevi, il grandissimo Canetti è anni luce sopra la media degli scrittori.

Buona lettura e alla prossima!

CURIOSITA’
L’autodafé, o auto da fé o sermo generalis, era una cerimonia pubblica, facente parte soprattutto della tradizione dell’Inquisizione spagnola in cui veniva eseguita, “coram populo”, la penitenza o condanna decretata dall’Inquisizione. Il nome deriva dal portoghese ‘auto da fé’, cioè atto di fede e fu il cerimoniale giuridico più impressionante messo a punto e usato dall’Inquisizione. (Da wikipedia)
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