Gregorio Servetti, per gli amici semplicemente Greg, è un vero marcantonio con i suoi centottantasette centimetri di altezza per ottanta chili peso. Classe 1965, capelli castani, occhi scuri, naso regolare e bocca carnosa dalla perfezione quasi femminile, non passa inosservato. La sua faccia da bambino ispira tenerezza e sembra non conoscere i segni dell’età, nonostante i quarant’anni che premono da ogni lato. Lavora come consulente informatico presso il cliente rappresentato al momento da un importante Gruppo Bancario e vive solo, in un grazioso trilocale al terzo piano di Via Tevere. A seguito di due delusioni amorose, è diventato molto prudente nei confronti dell’altro sesso, talmente cauto e controllato che ha finito per ritrovarsi senza una donna o una relazione che possa definirsi tale. Nato dieci anni dopo la sorella è quasi figlio unico. Quando se n’è andato di casa per iniziare una vita indipendente, sua madre ha versato quattro lacrimucce ma col tempo si è rassegnata alla perdita che in realtà è soltanto di tipo logistico.
«E’ tanto che non vengo? Ma che dici, mamma? Sono passato due giorni fa.»
In realtà ciò che la signora Loredana non riesce a accettare è che il suo ragazzone a quarant’anni non sia ancora sistemato. Troverebbe certo da ridire sulla eventuale nuora chiunque essa sia, ma lo riterrebbe un prezzo congruo da pagare pur di vedere suo figlio ammogliato. Saperlo solo è una situazione cui non riesce ad abituarsi.
«Chi ti lava e ti stira Greg? Porti tutto in lavanderia?»
«Rimarresti stupita mamma se vedessi come stiro le camicie.»
Dopo anni di allenamento conosce la tecnica della perfetta stiratura e l’esatta sequenza delle varie parti da trattare: collo, spalle, polsini, maniche, davanti, dietro. Risolve l’operazione in maniera brillante e senza grossi fastidi ma capita a volte che andando a trovare la madre, si porti dietro un cesto di biancheria da stirare per farla contenta. Rimane lì a chiacchierare per la durata del servizio e al rientro in casa, oltre ai panni in perfetta piega, ha la scorta viveri per l’intera settimana: spezzatino di carne, verdura cotta, sughi pronti per l’uso. Impossibile rifiutare i vasetti allineati sulla credenza.
«Prendili Greg, li ho fatti per te. Se passavi ieri, avevo il sugo di lepre.»
«Una lepre? E dove l’hai presa?»
«L’hanno regalata a tuo padre. La gente si ricorda ancora di lui, ha fatto del bene a tante persone.»
Nella casa di Via Tevere, è palese l’assenza di una donna: tende bianche alle finestre, biancheria in tinta unita, rari soprammobili e gingilli inesistenti. Il suo appartamento, ordinario e anonimo come quello di un perfetto impiegato in trasferta, gli infonde calma e serenità ed è convinto che vada bene così e non ci sia nulla da modificare. Altre volte invece la semplicità di quelle stanze lo deprime a tal punto da stimolare ferrei propositi di cambiamento, tipo l’aggiunta di fantasiosi cuscini sul divano come quelli visti a casa di Manlio, oppure quadri dal soggetto più vivace. Diverse donne sono transitate nella sua vita e nel suo trilocale, ma nessuna in pianta stabile e forse soltanto Adele era destinata ad essere la donna del grande passo. Peccato che una sera al ristorante gli avesse dato il benservito. Non sei l’uomo che fa per me, gli aveva detto e dopo aver poggiato il tovagliolo sul tavolino se n’era andata via senza farsi riaccompagnare. La schiena fasciata da un vestito blu oltremare era l’ultima immagine che aveva di lei. Un epilogo di cena alquanto originale, rovinato da una comunicazione così atroce e inaspettata. Il sapore amaro di quell’ultimo boccone di mousse al cioccolato era rimasto per giorni sulla sua lingua e poteva ancora rivedere la scena: la mascella bloccata dallo stupore, il cucchiaino fermo a mezz’aria, lo sguardo allucinato che senz’altro doveva aver assunto e soprattutto quel dolore al ventre, acuto e insopportabile, come se una mano invisibile gli avesse artigliato gli intestini per strapparli via dall’addome. Una decisione maturata nel tempo che aspettava solo il momento adatto per essere rivelata. Lei di certo aveva pianificato tutto, visto che per l’intera serata aveva proposto argomenti di discussione dal sapore di ‘analisi degli scostamenti’: una lunga serie di considerazioni sullo stato della loro relazione in confronto alle aspettative attese per un progetto di vita insieme. Inutili i tentativi di richiamarla nei giorni successivi, vane le telefonate non risposte così come i messaggi inviati senza alcun ritorno. Adele l’aveva piantato e doveva farsene una ragione. Era di nuovo comparsa la sensazione di vuoto provata dopo la sparizione di Estella e riacutizzati i sintomi di sconforto, smarrimento, depressione. Aveva sentito l’aria intorno rarefarsi e diventare avara di ossigeno, mentre annaspava cercando di rimanere vivo. Almeno stavolta non sono io l’artefice della tragedia, ripeteva tra sé, quasi per consolarsi. La sofferenza inflitta dal doloroso strappo, aveva riportato alla luce angosce esistenziali sopite, presentandole in un conto aritmetico dal totale esagerato.
«Il dolore è così stramaledettamente inutile, perché non inventano una morfina dell’anima per anestetizzarla e ridurla al silenzio?»
[…] C’era voluto del tempo per riadattarsi alla nuova condizione di uomo singolo, dimenticare baci e carezze, fare a meno della inebriante sensazione di sentirsi amato. Era stato in quella occasione che aveva pronunciato un solenne giuramento, mai più si sarebbe innamorato ed esposto a quell’atroce supplizio che è il male d’amore, proponimento identico a quello proclamato anni indietro, quando il pasticcio con Estella era irrimediabilmente confezionato e lei aveva preferito scomparire. Di nuovo il tempo aveva fatto il suo corso e la disperazione medicata con il balsamo della rassegnazione. Greg avrebbe ipotecato la sua vita per Adele e nonostante l’evidente impossibilità di riconciliazione, si era ritrovato ad immaginare una ipotetica vita insieme per valutare lati positivi e negativi dell’ unione, e dare inizio ad un processo di ricerca della donna ideale. Così se dovessi incontrarla, potrei riconoscerla a prima vista, ripete tra sé. La perentoria affermazione «non sei l’uomo per me» ritorna spesso ad angustiarlo, non riesce a capacitarsi come sia possibile arrivare a una tale conclusione quando tutto sembra affermare il contrario, perché il loro rapporto, almeno dal suo punto di vista non mostrava incrinature o eventi di spessore da mettere in relazione con la radicale decisione. Adele spesso dormiva da lui, ma non avevano mai preso in considerazione la possibilità di sposarsi o quantomeno abitare sotto lo stesso tetto. Era stata la mancata richiesta di una sistemazione definitiva, a fare da ago della bilancia? O il fidanzamento andato troppo per le lunghe? Un rapporto appeso senza conclusione, di quelli che ti spremono come un limone e ti prosciugano l’anima, ecco cosa era stato. Aveva intuito la profondità del rapporto solo dopo la rottura, un comportamento da sciocchi non portarsela all’altare. Nelle elucubrazioni del post rottura, non mancava l’ipotesi di un altro uomo nella vita di Adele e a quel punto era stato assalito da un nuovo turbamento: la presenza di una terza persona, doveva considerarsi elemento disdicevole o piuttosto requisito vantaggioso nel conclamato abbandono? Perché se Adele se n’era andata via senza aver trovato un sostituto, la cosa era ancor più difficile da digerire, come a dire meglio sola che con uno come te. Da ragazzi abitavano nello stesso quartiere ed era stato tecnicamente impossibile tenere nascosta la relazione a mamma Loredana. Dalla famosa cena dell’addio, lei non ha perso tempo, ha trovato un nuovo compagno, si è sposata ed ora è mamma di due bambini. La madre ha telefonato puntualmente al figlio per informarlo delle nozze e delle due gravidanze, provocandogli un sottile picco di dolore, breve ma intenso come quello di una puntura di vespa.
Disavventure amorose a parte, Greg si ritiene un uomo normale, nell’accezione più classica del termine, conduce una vita tranquilla e ha un lavoro ben remunerato. Decisivo nella sua formazione il ruolo del padre, deve a lui l’educazione ferrea e il rispetto delle regole. Giuliano Servetti, colonnello dell’Esercito ormai in pensione, ha trasmesso ai figli i valori di autorevolezza, rispetto ed onestà. Dal temperamento austero e rigoroso non ha elargito grandi dosi di affettuosità e tenerezze, ma ha saputo infondere l’amore per la patria e la coscienza di una identità nazionale. Il giorno in cui ha raccontato di suo padre, Gina ha tratto subito le sue personali conclusioni: «Adesso capisco molte cose.» Greg l’aveva guardata con fare divertito, abituato alle ingerenze dell’amica e ai suoi so-tutto-io. «E sarebbe?» aveva chiesto con gli occhi già pronti a ridere. «Facile. I comportamenti rigidi del colonnello hanno avuto su di te l’effetto opposto: anziché temprarti nel carattere, ti hanno reso sensibile ed emotivo.»
Dubbi del genere li aveva avuti pure lui, ma in quel momento si era sentito in dovere di difendere il padre: non trovava corretto attribuirgli tale responsabilità, ritenendo la sensibilità una questione puramente caratteriale. E’ comunque un dato di fatto che lui abbia sposato i princìpi di ordine e rettitudine morale, la correttezza etica traspare da ogni sua azione. Ha fiducia nella giustizia e si schiera con convinzione dalla parte della legalità. Di riflesso, prova un odio viscerale verso tutto ciò che è corrotto, come la recente promozione a dirigente di Walter Parietti al posto di Ferruccio Conti che lo meritava cento volte di più. Una faccenda che lo ha nauseato ne profondo. Ma Walter è fratello del direttore della banca in cui Greg lavora, mentre Ferruccio è ‘soltanto’ una persona capace e competente che per l’occasione è stato trasferito in una succursale di secondo ordine. Un evento scandaloso che alimenta rabbia ma non rassegnazione, perché è forte la sua fede nella meritocrazia: le eccellenze, prima o poi riescono ad uscire allo scoperto. Peccato che i fatti lo smentiscano spesso.
Sentirsi pulito e a posto è una esigenza personale e una forma di rispetto verso gli altri. E’ accurato nel vestirsi e nello scegliere il capo giusto per ogni occasione, tratta i suoi vestiti con zelo, appende i pantaloni nelle stampelle al fine di evitare pieghe rovinose, ripone ogni volta le scarpe nella scatola dopo l’uso, dopo averle ripulite e messe in forma sul tendiscarpe in legno. E’ consapevole delle proprie fissazioni da maniaco della precisione ed è onesto quando si domanda se tali inclinazioni possano risultare un deterrente per le donne: forse Adele se n’è andata perché ne aveva abbastanza delle mie paranoie? Si era spaventato a morte il giorno in cui aveva sentito in TV la notizia di uno psicopatico che aveva ucciso la moglie a martellate perché non osservava le regole che le aveva imposto. L’evento scatenante della tragedia era il livello impreciso del latte nella tazza servita per colazione.
La sua vita trascorre piuttosto piatta con qualche guizzo di colore quando gli capita di uscire in compagnia di una ragazza. Il passare degli anni e la comparsa dei primi capelli bianchi lo inducono a considerare che non è più tempo di caccia alle donne, manca lo spirito giusto e mettersi in gioco ogni fine settimana risulta piuttosto logorante. Ultimamente si sente stanco e apatico, passa il weekend in casa e aspetta il Lunedì per poter tornare a lavorare. Ogni tanto tira fuori le sue collezioni di cartoline e francobolli, vecchie e fuori moda, le rimira e sorride nostalgico al tempo impiegato per mettere insieme tanti esemplari che non hanno alcun valore di mercato, ma straripano di importanza di affettiva. Nei momenti di profondo malessere viene assalito da scomodi interrogativi escatologici e la giornata in questione ne è un classico esempio, sembra appesa ad un filo e non riesce decollare.
«Ha un senso tutto questo, Gina? Voglio dire alzarsi al mattino, andare a lavorare, tornare a casa, mangiare, guardare la TV, andare a dormire e ricominciare tutto daccapo il giorno dopo? E’ per questo che stiamo al mondo? Quando ci penso mi sembra tutto così grottesco. Non c’è qualcosa di ridicolo in questa nostra vita, dove l’unico scopo è sopravvivere al giorno successivo? Siamo soltanto parte del ciclo della natura, nascere e morire, come gocce d’acqua che dopo vari stadi tornano infine nell’oceano da dove erano venute?»
«Che poeta! Com’è che ogni tanto te ne esci con questi eccessi di introspezione?» domanda Gina tra il divertito e il preoccupato.
«Perché oggi mi sento come se non avessi combinato niente di buono. Ti capita di chiederti che hai vissuto a fare questo giorno e sentire in cuor tuo di averlo sprecato? Deve esserci qualcos’altro, mi dico, sto sbagliando da qualche parte.»
«Deve essere stato un weekend davvero tremendo il tuo.»
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